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Poesia bilingue - italiano e portoghese brasiliano.
Vera Lúcia de Oliveira (Maccherani)
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"La guarigione" - Vera Lúcia de Oliveira. 2000
A mia madre Aurive

La guarigione

Vera Lúcia de Oliveira (Maccherani)

Raccolta vincitrice del
Premio Nazionale di Poesia
"Spiaggia di Velluto", Senigallia, 2000






Edizioni La Fenice, Senigallia, ottobre 2000
11.5x20.5 cm, 80 pag, 8 €
(in copertina acquaforte di Mario Bellagamba) 

Prefazione di Vincenzo Guarracino
© Vera Lúcia de Oliveira

Selezione di poesie:
L'assenza / La guarigione
seduta alla stazione / Gli strumenti
 oh le strade / se ne vanno gli uccelli
A Giorgio Caproni / L'aguzzino
Non avevo che parole / Il sonno
per natale / che lume piccino avevi
L'emigrante / non ti ho quasi notato
dalla terra / hai paura del fondale

Recensioni

"È l'aurora" - Ivano Fossati, 1973

 

L'Assenza
l'assenza - disse
non è mai vuoto
tutto quello che dimentichi
ti corrode l'occhio

La guarigione
ma la guarigione sta - disse
nei lembi che asporti di te
con la fedeltà chirurgica
della memoria

seduta alla stazione
non aspettavo che te

perché tarda l'amore
perché mi carezza l'assenza
delle tue mani
mute?

Gli strumenti
più lingue ho imparato
per lo stesso ritorno
nel pozzo
perché il grumo pesante
nell'osso
conosce solo percorsi
a dirupo

oh le strade che sparivano
addentrandosi nei monti
che passi segreti avevano
per forare gli orizzonti

se ne vanno gli uccelli
ammalati di tempo
carichi di altri luoghi
lieti del mutamento

A Giorgio Caproni
perché a me solo parole
per denudare la vita
se lo scopo del poeta
è curare la ferita?

L'aguzzino
eri come un cane irto
nel tuo diverso amare
più mordevi con odio
più gaivi per male

non avevo che parole
per salire sugli scogli
da lì saltavo nel vuoto
cadendo piano sui fogli

Il sonno
la mamma aveva i capelli
che ricordavano i lampi
morbidi come cuscini
luminosi come i campi

per natale vestivi le bambole
di ossa. che potessero gemere
dicevi. come le nostre costole

che lume piccino avevi
con cui accendevi il sole
per fendere il firmamento
bastava aprissi gli occhi

L'emigrante
da una terra distesa
di aspre linee, di sole
e volti fermi in attesa
che lei dal mare ritorni

non ti ho quasi notato
nel freddo di prima sera
quando piano attraversavi
la linea di frontiera

dalla terra nascono
questi uccelli
muti
quando vogliono morire
emettono un suono
che in aria si sente appena

hai paura del fondale
in cui arenare il sangue
ma finché non sprofondi
non trovi ciò che nasconde


Mario Bellagamba - "Approdo" - Acquaforte

Prefazione

La guangione, la raccolta di Vera Lùcia de Oliveira, si presenta come una essenziale interrogazione in sette stazioni intorno al tema del male e alla funzione della poesia condotta con la misura sobriamente epigrammatica di chi i suoi sentimenti piuttosto che esibirli con compiaciuto narcisismo ama circonfonderli di pudore e discrezione. Il titolo, innanzitutto:  la guangione dice di un acquisto e di un approdo, di un itinerario e di una maturazione, di una ricomposizione e di una rimarginazione, al termine di una notte del senso e dell'anima.
L'io che parla in questi versi, versi "pensanti", e pensati con ilare dolentia, è un io che contempla l'attraversa-mento di un'esperienza di dolore, l'emergenza di una ferita, e in questo spazio costruisce tra pianto e canto una sorta di energetico corto-circuito semantico, fino ad attingere e definire, nel minuscolo ma musicalissimo intervallo tra il non detto e il silenzio, una concezione molto personale del valore catartico e salvifico del linguaggio, di un linguaggio proteso sull'abisso ("parole / per salire sugli scogli") e tutto fatto di parole minuscole, di dimessa quotidianità e devozione al male luminoso della vita, al deposito di "buio" capace di tramutarsi in "flusso di canto".
Quando questo avviene (e avviene di frequente), ci troviamo di fronte a versi di notevole bellezza e suggestione, talvolta addirittura memorabili: come quando la poetessa s'incanta di fronte al volo degli uccelli, metaforico emblema di liberta e insieme disperazione ("se ne vanno gli uccelli / ammalati di tempo / carichi di altri luoghi / lieti del mutamento"), o quando, rivolgendosi al proprio poetico nume tutelare, Giorgio Caproni, protesta la propria inadeguatezza e dismisura ("perché a me solo parole I per denudare la vita / se lo scopo del poeta / è curare la ferita?").
Praticata come un balsamo ed un pharmakon, la poesia si rivela cosi come un progressivo appressamento e insieme distanziamento, in un drammatico confronto con le figure e situazioni del proprio romanzo familiare, cresciute per adozione, per frammenti sucessivi, nel cardiaco ritmo eptasillabico di un’attenzione alla vita e ai suoi momenti più strazianti, fino ad attingere in conclusione “altri suoni”, che dicono di una disposizione nuova e forse fiduciosa verso il viaggio dell’esistenza.

 

Vincenzo Guarracino

Recensioni: Antônio Lázaro de Almeida Prado, “Maestria Poética”, in Voz da Terra, Assis (São Paulo), 29/11/2000, p. 9; Idem, “Louvando quem bem merece”, in Voz da Terra, 20/11/2000, p. 7; “Le tessere di Vera Lúcia de Oliveira”, in Mensile di Informazione Culturale, Fara Editore, n. 14, 02/2001; Anna Grazia D’Oria, “La guarigione”, in L’immaginazione, n.175, 02-03/1001, pp. 54-55.

Recensioni nel sito >>

Presentazione Antonella Giacon, Perugia, 29 maggio 2001

Presentazione >>

"La guarigione"

 
"Affresco della Lingua Italiana", Claudia Valeria Lopes, 10 febbraio 2021

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(by Claudio Maccherani )