Réquiem
Lêdo Ivo
introduzione, traduzione e cura di
Vera Lúcia de Oliveira
Besa Editrice
Italia, luglio 2008

TRADURRE LÊDO IVO
(italiano)

 

 

 

Sul tradurre Lêdo Ivo

 

Vera Lúcia de Oliveira

Traduzir uma parte
na outra parte
–que é uma questão
de vida ou morte—
será arte?

Ferreira Gullar

Come è noto, negli ultimi decenni la traduzione è stata, ed è, una delle discipline che più ha interessato studiosi di vari settori. A tale valorizzazione hanno contribuito ricerche tendenti a pensare il fenomeno della traduzione come attività scientifica, passibile di schematizzazione e formalizzazione. Si sono costruiti calcolatori e programmi che avrebbero avuto il compito di riprodurre la traduzione automaticamente, ricerche che hanno deluso chi credeva di aver risolto, una volta per tutte, il problema.

Più che considerarla come una scienza, oggi si parla più volentieri in una teoria della traduzione o di studi sulla traduzione per indicare quel corpo di conoscenze che va sotto la denominazione di Translation Studies e che, abbracciando numerose discipline e mettendo in gioco fattori non solo linguistici e testuali, ma anche storici, sociali, ideologici e culturali, ha apportato rilevanti contributi sull’argomento.

Molti studiosi affermano che le teorie e gli studi sulla traduzione non sono altro che una riflessione che la traduzione fa su se stessa, ad ogni livello, partendo dal presupposto che essa è un’esperienza pratica.

Senza entrare nel merito delle diverse formulazioni teoriche sviluppatesi nel tempo sulla traduzione, vorrei soffermarmi sull’aspetto pragmatico di questo lavoro. Più precisamente, vorrei fare alcune considerazioni sui criteri che mi hanno guidata nell’avventura, affascinante e rischiosa a un tempo, di traduzione di parte dell’opera di Lêdo Ivo, confluita nell’antologia poetica da me curata, Illuminazioni (Salerno, Multimedia Edizioni, 2001, 128 pp.), e nella raccolta Requiem, appena pubblicata in Brasile e in Italia, seguita – nell’edizione italiana - da alcune poesie degli ultimi due libri, Rumor da noite e Plenilúnio, scelte perché in sintonia con le atmosfere e le tematiche di Requiem.

Edoardo Bizzarri, uno dei più noti traduttori della complessa opera di Guimarães Rosa, indica in una lettera al grande scrittore brasiliano i criteri da lui adottati nel rendere in italiano le novelle di Corpo de Baile. A proposito di come tradurre i nomi di persone, cose e luoghi, tutti molto importanti nell’opera di Rosa e mai scelti a caso, egli interpella lo scrittore:

 Gostaria de ter sua opinião e conselho a respeito dos nomes de localidades, pessoas e dos apelidos. Estou deixando alguns nomes na língua original, e traduzindo outros ou usando o correspondente italiano, com critério exclusivamente pessoal, arbitrário e fônico.

 [Vorrei avere una tua opinione e un consiglio sui nomi di località, persone e sui soprannomi. Sto lasciando alcuni nomi nella lingua originale e traducendone altri o utilizzando il corrispondente italiano, con criterio esclusivamente personale, arbitrario e fonico].

Non sicuro della propria scelta, espone all’autore i suoi dubbi e domanda anche come hanno risolto tali problemi gli altri traduttori. Al che Guimarães Rosa risponde:

 Exato. Assim também é que eu pensava: V. deixando uns como estão, e traduzindo outros. Ou, mesmo, “inventando”. Quando entre seu “critério exclusivamente pessoal, arbitrário e fônico”, fico alegre e tranqüilo. Nele é que eu, sinceramente, confio. (O tradutor francês, de acordo comigo, está procedendo assim. Os norte-americanos deixaram tudo na forma original, o que achei ruim). Haverá casos, também, em que ., já viu que o bom, de mais vivo efeito, é a solução mista – conservar uma parte e traduzir o resto.

[Esatto. È come pensavo anch’io. Lasciare alcuni come sono e tradurne altri. Oppure "inventarne". Ogni volta che usi il tuo 'criterio esclusivamente personale, arbitrario e fonico', sono contento e tranquillo. Di esso sinceramente mi fido (il traduttore francese, d’accordo con me, sta procedendo allo stesso modo. I nordamericani hanno lasciato tutto nella forma originale, cosa che ho trovato pessimo). Ci saranno casi, anche, in cui, come hai già visto, la cosa migliore e di più vivo effetto è la soluzione mista – di conservare una parte e di tradurre il resto.]

Come criterio fondamentale di condotta, e date naturalmente per scontate le indispensabili conoscenze linguistiche e la padronanza delle tecniche di scrittura e traduzione, Bizzarri adotta la sua intuizione, la sua sensibilità, l’approfondita conoscenza dell’opera rosiana e della realtà descritta da lui, l’empatia stabilitasi dall’inizio con l’autore e con i suoi personaggi. Rosa si fida di questa scelta, perché pure lui si lascia guidare dagli stessi criteri quando scrive, pure lui si sente – afferma – un traduttore di altri linguaggi misteriosi:

 Eu, quando escrevo um livro, vou fazendo como se o estivesse “traduzindo”, de algum original, existente alhures, no mundo astral ou no “plano das idéias”, dos arquétipos, por exemplo. Nunca sei se estou acertando ou falhando nesta “tradução”. Assim, quando me “re”-traduzem para outro idioma, nunca sei, também, em casos de divergência, se não foi o Tradutor quem, de fato, acertou, restabelecendo a verdade do “original ideal”, que eu desvirtuara.....

[Io, quando scrivo un libro, faccio come se stessi 'traducendo' da qualche originale, esistente altrove, nel mondo astrale o nel 'piano delle idee', degli archetipi, ad esempio. Non so mai se ho colto o meno nel segno in questa 'traduzione'. Così, quando mi 'ri'-traducono in un’altra lingua, in caso di divergenze, allo stesso modo non so se non sia stato il Traduttore ad aver, di fatto, centrato, ristabilendo la verità dell’'originale ideale', che avevo travisato...].

Soprattutto, Guimarães Rosa insiste sul fatto che il traduttore non debba "restare troppo strettamente legato all’originale", che debba pensare anche ai lettori italiani, che debba adattare quando è necessario. Rosa, in effetti, aderisce a un principio fondamentale, sempre più seguito oggi, secondo il quale la traduzione è un’opera originale in sé, un’attività analoga alla creazione. Octavio Paz arriva ad affermare che "traduzione e creazione sono operazioni gemelle". E Croce, già nel 1902, aveva scritto: "La traduzione, che si dice buona, è un’approssimazione, che ha valore originale dell’opera d’arte e può stare da sé. "

Walter Benjamin rende questo processo di approssimazione all’originale con una bella e suggestiva metafora: "come i frammenti di un vaso, per lasciarsi ricomporre, devono presentare continuità nei minimi dettagli, ma non perciò averli identici, così invece di farsi simile al senso dell’originale, la traduzione deve amorosamente, e fin nei dettagli, sforzarsi di attingere nella propria lingua il modo di intendere di quello (…)."

È pure vero che per il filosofo tedesco entrambi, sia l’originale che la traduzione, dovrebbero tendere, tramite questa amorosa ricostruzione del vaso a partire dai suoi cocci-parole, ad una "lingua più grande", una "pura lingua" perduta con il crollo di Babele. A ogni modo, nessun avvicinamento o ricostruzione dell’originale - sia che lo si intenda alla maniera benjaminiana o meno - può realizzarsi senza attenta analisi e interpretazione critica, a ogni livello, dell’opera.

Per Umberto Eco, la traduzione è il ritrovare "l’intenzione del testo", ossia "quello che il testo dice o suggerisce in rapporto alla lingua in cui è espresso e al contesto culturale in cui è nato". In effetti, aggiunge ancora, ci sono diversi tipi di fedeltà possibili - alla struttura linguistica, alla cultura, all’epoca di appartenenza dell’opera, allo stile dell’autore, ecc. - e il traduttore deve scegliere quella più pertinente al testo e all’autore che ha deciso di tradurre.

Possiamo affermare che, per quanto riguarda Guimarães Rosa, Bizzarri ha scelto quella più appropriata, la fedeltà al mondo rosiano che lo ha portato ad avere il plauso entusiastico dell’autore il quale, per la traduzione di Corpo de Baile, ha  chiesto esplicitamente all’editore italiano che fosse lo stesso Bizzarri a farla. La grande libertà e fiducia che Rosa accorda incondizionatamente a Bizzarri deriva dal fatto che fra i due si instaura, dall’inizio, un’identità di sensibilità e di spirito. Lo si può constatare leggendo l’interessante corrispondenza fra il traduttore italiano e lo scrittore, pubblicata e ripubblicata in varie edizioni in Brasile, col titolo J. Guimarães Rosa: correspondência com seu tradutor italiano.

Non casualmente ho qui citato il rapporto fra Rosa e il suo traduttore italiano. Mi ha sempre intrigato, incuriosito e attratto quel processo empatico stabilitosi fra i due, lo stesso che mi è servito per capire, nonostante la diversità di contesti e sicuramente la complessità dell’avventura “traduttiva” dei due casi, come procedere nel mio lavoro di traduzione poetica.

Posso senz’altro affermare che lo stesso tipo di fiducia, lo stesso rapporto affettivo ed empatico si è stabilito fra me e la poesia di Lêdo Ivo, per cui potrei quasi sottoscrivere le parole di Bizzarri. Più volte mi sono rivolta al poeta, indecisa su alcune soluzioni possibili per la resa migliore in italiano di parole e metafore legate al suo mondo alagoano, popolato di figure, paesaggi e animali caratteristici di una cultura e di un’identità specifica, ma Lêdo Ivo, pur conoscendo bene l’idioma di Dante, lettore vorace di letteratura italiana, mi riaffermava ogni volta la sua convinzione che avrei trovato, in ogni situazione, il modo migliore per trasportare il suo universo poetico da una lingua all’altra. Dal canto mio, dal principio, ho seguito la lezione di Peter Newmark, secondo la quale i traduttori debbono "immergersi nella mente dei loro autori e ricrearne i processi mentali", per quanto ciò sia possibile.

Manuel Bandeira (1886-1968), il grande poeta brasiliano che amava a sua volta tradurre poesia e che, nonostante l’apparente semplicità della sua opera, è altrettanto ostico da tradurre, ha scritto a proposito di questa sua esperienza con la traduzione: só traduzo bem os poemas que gostaria de ter feito, isto é, os que exprimem coisas que já estavam em mim, mas informuladas. Os meus ’achados’, em traduções como em originais, resultam sempre de intuições [traduco bene solo le poesie che avrei voluto scrivere, cioè quelle che esprimono cose che erano già in me, ma non formulate. Le mie ‘trovate’, nelle traduzioni come negli originali, risultano sempre intuitive].

Come Bandeira e tanti altri traduttori, mi sono lasciata guidare dalla sensibilità e soprattutto dalla conoscenza profonda, dalla frequentazione di vari anni e dall’amore per la poesia di Lêdo Ivo, che mi portavano sempre a cercare di riprodurre nel lettore italiano lo stesso effetto che il testo aveva prodotto su me stessa e, immagino, sui lettori dell’originale. Tuttavia, consapevole che l’equivalenza assoluta fra due lingue è irraggiungibile perché ognuna ha le sue strutture e norme, so anche che il traduttore deve scegliere, deve assumersi la responsabilità dell’invenzione di nuove immagini che, nell’equilibrio fra contiguità e diversità, riportino fedelmente il lettore nell’universo poetico che si sta provando a ricreare nella lingua d’arrivo. È quello che ho cercato di fare costantemente. Sperando di essere riuscita in tale intento, consegno ai lettori italiani questo libro che mi ha tanto arricchita. Si è visto che Octavio Paz considera la traduzione poetica “un’operazione analoga alla creazione poetica”. Ne sono convinta, perché nel tradurre Lêdo Ivo, ho provato la stessa gioia che provo quando scrivo, quando creo la mia poesia.

Vera Lúcia de Oliveira   

 RIFERIMENTI

BANDEIRA, Manuel. Itinerário de Pasárgada. Rio de Janeiro: Nova Fronteira / Instituto Nacional do Livro, 1984, 3ª ed.
BENJAMIN, Walter. “Il compito del traduttore”. In NERGAARD, Siri.
La teoria della traduzione nella storia. Milano: Bompiani, 2002, 2ª ed. 221-236.
BIZARRI, Edoardo.
J. Guimarães Rosa; correspondência com seu traductor italiano / Edoardo Bizarri. San Paulo: T.A. Queiroz e Instituto Cultural Ítalo-Brasileiro, 1981.
CROCE, Benedetto. “Indivisibilità dell’espressione in modi o gradi e critica de la retorica”, in NERGAARD, Siri. Op. cit. 207-213.
ECO, Umberto. “Riflessioni teorico-pratiche sulla traduzzione”. In NERGAARD, Siri. Teorie Contemporanee della traduzione. Milano: Bompiani, 1955. 121-146.
NEWMARK, Peter.
Approaches to Translation. Trad. it. di Flavia Frangini, La traduzione: problema e metodi. Milano: Garzanti, 1988.
PAZ, Octavio. “Traduzione: Letteratura e Letteralità”, in NEERGAARD, Siri. Op. Cit.


[ articolo pubblicato nel libro Réquiem di Besa Editrice ]
 

 

by Claudio Maccherani, 2009